nascondere i loro limiti esistenziali.
Attesa
Quando scopri
di avere tutto il tempo
nella libertà,
l'attesa è pulsante.
È un tempo,
nella crescita, velato
nella nebbia dei pensieri,
densi e coesi.
Sembra dissolversi
nella maturità, la nebbia
scompare,
l'attesa è lì, ti stava
aspettando.
Per regalarti tutto il tempo
che l'hai vissuta, respirata
a dirti che in ogni istante,
nessun secondo è insignificante.
La tragedia delle foglie
Mi destai alla siccità e le felci erano morte,
le piante in vaso gialle come grano;
la mia donna era sparita
e i cadaveri dissanguati delle bottiglie vuote
mi cingevano con la loro inutilità;
c'era ancora un bel sole, però,
e il biglietto della padrona ardeva d'un giallo caldo
e senza pretese; ora quello che ci voleva
era un buon attore, all'antica, un burlone capace di scherzare
sull'assurdità del dolore; il dolore è assurdo
perché esiste, solo per questo;
sbarbai accuratamente con un vecchio rasoio
l'uomo che un tempo era stato giovane e,
così dicevano, geniale; ma
questa è la tragedia delle foglie,
le felci morte, le piante morte;
ed entrai in una sala buia
dove stava la padrona di casa
insultante e ultimativa,
mandandomi all'inferno,
mulinando i braccioni sudati
e strillando
strillando che voleva i soldi dell'affitto
perché il mondo ci aveva tradito
tutt'e due.
Charles Bukowski
Cappuccetto Rosso va a portare da mangiare alla nonna che è ammalata nel bosco.
- Nonna! Nonna! Che occhi grandi che hai!
- È per vederti meglio, Cappuccetto mio.
- Nonna! Nonna! Che naso lungo che hai!
- È per odorarti meglio, Cappuccetto mio!
- Nonna! Nonna! Che orecchie lunghe che hai!
- A Cappuccè, sei venuta a portare da mangiare o a rompere i cojoni?
Anonimo
Attesa
Quando scopri
di avere tutto il tempo
nella libertà,
l'attesa è pulsante.
È un tempo,
nella crescita, velato
nella nebbia dei pensieri,
densi e coesi.
Sembra dissolversi
nella maturità, la nebbia
scompare,
l'attesa è lì, ti stava
aspettando.
Per regalarti tutto il tempo
che l'hai vissuta, respirata
a dirti che in ogni istante,
nessun secondo è insignificante.
La tragedia delle foglie
Mi destai alla siccità e le felci erano morte,
le piante in vaso gialle come grano;
la mia donna era sparita
e i cadaveri dissanguati delle bottiglie vuote
mi cingevano con la loro inutilità;
c'era ancora un bel sole, però,
e il biglietto della padrona ardeva d'un giallo caldo
e senza pretese; ora quello che ci voleva
era un buon attore, all'antica, un burlone capace di scherzare
sull'assurdità del dolore; il dolore è assurdo
perché esiste, solo per questo;
sbarbai accuratamente con un vecchio rasoio
l'uomo che un tempo era stato giovane e,
così dicevano, geniale; ma
questa è la tragedia delle foglie,
le felci morte, le piante morte;
ed entrai in una sala buia
dove stava la padrona di casa
insultante e ultimativa,
mandandomi all'inferno,
mulinando i braccioni sudati
e strillando
strillando che voleva i soldi dell'affitto
perché il mondo ci aveva tradito
tutt'e due.
Charles Bukowski
Cappuccetto Rosso va a portare da mangiare alla nonna che è ammalata nel bosco.
- Nonna! Nonna! Che occhi grandi che hai!
- È per vederti meglio, Cappuccetto mio.
- Nonna! Nonna! Che naso lungo che hai!
- È per odorarti meglio, Cappuccetto mio!
- Nonna! Nonna! Che orecchie lunghe che hai!
- A Cappuccè, sei venuta a portare da mangiare o a rompere i cojoni?
Anonimo